Risulta elusiva la scissione che risulta inserita in un più complesso disegno unitario, volto alla creazione di una società alla quale viene “assegnata” una partecipazione che si intende cedere, qualora il fine ultimo sia quello di mitigare la tassazione sulla plusvalenza derivante da tale cessione. Quanto detto, in particolare, se tra le operazioni poste in essere rientra una rinuncia al credito che porta alla capitalizzazione della newco (beneficiaria della scissione) finalizzata, per l’appunto, esclusivamente ad accrescere il valore fiscale della stessa partecipazione alla newco oggetto di cessione (società “contenitore” della partecipazione che si vuole trasferire ad esito del complessivo negozio realizzato). Tale rinuncia appare infatti finalizzata esclusivamente a ridurre il carico fiscale dell’operazione interamente considerata, facendo emergere che i diversi soggetti giuridici coinvolti nelle operazioni sopra descritte – sostanzialmente riconducibili alle persone fisiche originariamente titolari delle partecipazioni societarie intendono cedere – si precostituiscono le condizioni per ridurre la base imponibile della plusvalenza, circostanza idonea a far conseguire loro un vantaggio fiscale.
Commento
Il caso di cui all’istanza di interpello in esame riguarda un trust (di seguito anche “Trust”) al quale due coniugi hanno trasferito le quote in una Srl (“Beta”). In particolare, al Trust erano state vincolate le partecipazioni detenute dai disponenti nella società Beta, rappresentanti il 100% del capitale sociale della stessa, trasferendo, in seguito, al medesimo Trust due crediti vantati da uno dei disponenti nei confronti di Beta e di una diversa Srl (“Gamma”). Con riferimento alla società Beta, la stessa nell’attivo del proprio bilancio le partecipazioni, pari all’89,99% del capitale, della società di Teta Srl (“Teta”), mentre la residua quota del capitale sociale della partecipata Teta è invece detenuta dai seguenti soggetti persone fisiche, soci di minoranza. Risulta dall’istanza che la società Beta ha ricevuto una manifestazione di interesse all’acquisto del 100% delle quote di Teta, da parte di un potenziale cessionario. Oltre a riportare l’importo della proposta di acquisto della partecipazione totalitaria in Teta, viene altresì fatto presente nell’istante il prezzo per la cessione del 100% della partecipazione in una diversa Srl (“Teta Tre”), società beneficiaria della scissione di seguito descritta (“Newco”). La vendita del 100% delle quote di partecipazione in Teta rappresenta alla base dell’operazione di riorganizzazione di cui all’istanza di interpello, posto che l’istante ha dichiarato che l’obbiettivo dell’operazione è il trasferimento di Teta al potenziale acquirente. Tale trasferimento, come precisato anche dall’istante, potrebbe altresì realizzarsi attraverso la semplice cessione delle quote di Teta da parte di Beta: in questo caso Beta realizzerebbe una plusvalenza tassabile, non potendosi infatti usufruire della Pex, potendo inoltre consentire la citata vendita della partecipazione in Teta, da parte di Beta, che quest’ultima rimborsi quanto dovuto al Trust a titolo di debito. Gli istanti prospettano però una via alternativa per la vendita delle partecipazioni in Teta, la quale consiste nel trasferimento delle quote di quest’ultima tramite un più complesso insieme di operazioni, domandandosi tramite l’istanza se l’operazione alternativa possa essere qualificata come abusiva. Tale operazione di riorganizzazione aziendale alternativa – preceduta, come riportato, dall’attribuzione al Trust dei summenzionati crediti nei confronti di Beta e verso Gamma – si articola nelle seguenti fasi: – un’operazione di scissione parziale proporzionale da parte di Beta in favore della newco Teta Tre, attraverso cui viene assegnato alla beneficiaria parte del debito di Beta verso il Trust; – una rinuncia parziale del credito da parte del Trust (socio della beneficiaria) in favore di Teta Tre (beneficiaria della scissione) volta a patrimonializzare la stessa; – l’acquisto da parte di Teta Tre delle quote di minoranza di Teta; – la cessione del 100% delle quote in Teta Tre da parte del Trust al cessionario potenziale. Secondo l’istante, per effetto della sopra descritta rinuncia al credito da parte del Trust il costo fiscale della partecipazione in Teta Tre detenuta dal Trust risulterebbe aumentato del valore del credito rinunciato. Ciò comportando che, all’atto della cessione della partecipazione in Teta Tre, considerato il prezzo della partecipazione, una determinata plusvalenza ai fini Ires. Con riferimento al comparto delle imposte dirette, l’Agenzia delle Entrate fa preliminarmente presente che l’obiettivo dell’istante è quello di veicolare la cessione delle partecipazioni in Teta. Riporta poi la stessa Agenzia che la rinuncia ai crediti verso la Newco, operata dal Trust, si considera “sopravvenienza attiva” per la parte che eccede il relativo valore fiscale, ex articolo 88, comma 4-bis del Tuir, e che, parimenti, la rinuncia degli stessi soci ai crediti non sono ammessi in deduzione ed il relativo ammontare, nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia, si aggiunge al costo della partecipazione, come previsto dall’articolo 101, comma 7, del Tuir. Il tale contesto, il vantaggio fiscale di cui alla clausola antiabuso è rinvenibile nel risparmio d’imposta derivante dalla cessione delle quote in Teta Tre – rappresentata sostanzialmente dalle quote in Teta, reale asset oggetto di interesse e di cessione – il cui valore fiscale risulta incrementato a seguito del combinarsi di tale operazione con: – l’attribuzione al Trust del credito vantato dai precedenti disponenti e – la successiva rinuncia alla riscossione operata dal Trust in qualità di socio. In termini generali, infatti, nel caso in cui la Beta avesse ceduto direttamente la propria partecipazione in Teta, essa avrebbe conseguito una plusvalenza di ammontare superiore, poiché l’eventuale capitalizzazione della Beta operata per il tramite della rinuncia ai crediti in parola non avrebbe inciso sul valore fiscale della partecipata Teta. La medesima plusvalenza, per di più, sarebbe stata interamente tassata, non sussistendo in relazione alla partecipazione nella citata Teta i requisiti per poter fruire – come dichiarato dall’istante – della Pex di cui all’articolo 87 del TUIR. Secondo le Entrate il vantaggio fiscale è quindi da considerarsi indebito, in quanto conseguito in aggiramento delle disposizioni tributarie in materia di determinazione della plusvalenza, ai sensi degli articoli 86 e 87 del Tuir, nonché della disciplina delle rinunce ai crediti vantati dai soci, ex articolo 101, comma 7, dello stesso Tuir. La capitalizzazione della Newco (beneficiaria della scissione anzidetta) operata per il tramite della rinuncia al credito da parte del Trust risulta, infatti, esclusivamente finalizzata ad incidere sul valore fiscale della partecipazione nella Newco oggetto di cessione. Riportano in merito le Entrate che l’obiettivo economico dichiarato dall’istante poteva essere raggiunto – senza operare alcuna rinuncia ai crediti in parola – mediante la cessione diretta delle partecipazioni in Teta e la successiva estinzione dei finanziamenti. Ciò, indipendentemente dal fatto che detto credito fosse vantato dal Trust o dai disponenti (in assenza di attribuzione del credito vantato da questi ultimi al medesimo Trust). In altri termini, l’autorità fiscale ritiene che la menzionata rinuncia al credito appare finalizzata esclusivamente a ridurre il carico fiscale dell’operazione, facendo emergere che i diversi soggetti giuridici coinvolti nelle operazioni sopra descritte (sostanzialmente riconducibili ai disponenti) si precostituiscono le condizioni per ridurre la base imponibile della plusvalenza idonee a far conseguire loro un vantaggio fiscale. Considerata l’asserita esistenza del vantaggio fiscale indebito, l’Agenzia delle Entrate si concentra sugli ulteriori elementi che concorrono a costituire la fattispecie dell’abuso del diritto, rilevando innanzitutto che l’articolata serie di operazioni prospettate appare priva di sostanza economica, in quanto inidonea a produrre effetti significativi diversi dai descritti vantaggi fiscali. Afferma infatti l’Amministrazione che, ferma restando, come già evidenziato, l’insindacabilità in un’ottica anti-abuso dell’obiettivo economico perseguito consistente nell’alienare la partecipazione in Teta, tale obiettivo economico potrebbe essere direttamente raggiunto mediante la cessione delle partecipazioni al cessionario potenziale da parte di Beta e dei soci di minoranza in Teta. I crediti che sono oggetto di rinuncia (incidendo sul valore fiscale della partecipazione ceduta) risultano attribuiti al Trust nella fase preliminare della riorganizzazione descritta in istanza, seppur subito dopo sorge la necessità di rinunciarvi per capitalizzare la Newco, ossia il contenitore della partecipata che s’intende cedere. Di fatto, la beneficiaria della scissione (Teta Tre), costituita qualche giorno antecedente l’operazione di scissione con il dichiarato intento di separare le attività operative immobiliari da quella di detenzione delle partecipazioni, attribuendo così alla beneficiaria Teta Tre l’attività di holding di gestione, viene immediatamente ceduta al soggetto cessionario interessato alla partecipazione in Teta non svolgendo poi affatto l’attività di holding prefigurata nel progetto di scissione. Secondo l’Agenzia il disegno prospettato comporta quindi un numero superfluo di negozi giuridici, il cui perfezionamento non è coerente con le normali logiche di mercato, apparendo idoneo unicamente a far conseguire un vantaggio fiscale indebito al Trust. Il suddetto vantaggio fiscale indebito risulta altresì essenziale, in quanto la specifica sequenza di operazioni che l’istante intenderebbe porre in essere non risulta diretta al soddisfacimento di un interesse economico diverso da quello del perseguimento del vantaggio fiscale stesso. Infatti, l’autorità fiscale riporta che nella sequenza di operazioni rappresentate, non si ravvede altro “vantaggio” se non quello rappresentato dal risparmio fiscale in capo al Trust sopra brevemente descritto. Infine, nel caso esaminato, l’Amministrazione finanziaria non ritiene siano rinvenibili né rappresentate valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, in grado di giustificare l’insieme dei negozi giuridici prospettati, ex articolo 10-bis, comma 3, della legge 212/2000. L’istante, infatti, alla richiesta dell’Agenzia di chiarire se la riorganizzazione aziendale prospettata avesse finalità ulteriori rispetto alla cessione della partecipazione Teta, ha dichiarato che l’obbiettivo è il trasferimento di Teta al potenziale acquirente. Tuttavia, in relazione a tale fine, l’Agenzia non ritiene motivata l’idoneità della scelta dell’articolata serie di operazioni prospettate rispetto all’obiettivo economico che si intende perseguire. Come già rappresentato, l’intero disegno risponde più fondatamente all’obiettivo del Trust consistente nell’abbattimento del rispettivo carico tributario. In sostanza, secondo quanto riportato dalle Entrate, il complessivo negozio rappresentato risulta elusivo. In merito si può tuttavia riflettere sul fatto che, al di là dei dubbi relativi alla possibile strumentalizzazione delle norme sulla determinazione della plusvalenza (articoli 86 e 87 del Tuir) e sulla rinuncia ai crediti da parte dei soci (articolo 101, comma 7, dello stesso Testo Unico) – trattandosi di norme, in un certo senso, “meccaniche”, che si limitano a regolare i riflessi fiscali relativi ai fatti oggetto della propria disciplina, senza avere uno specifico scopo che possa risultare “aggirabile” – qualche perplessità può inoltre rilevarsi in merito alla rilevanza, ai fini del convincimento dell’autorità fiscale, delle alternative negoziali. È già stato infatti rilevato in dottrina (si veda Il Sole 24 Ore del 20 gennaio 2020) – ed altresì riconosciuto in passato da parte della stessa Agenzia delle Entrate – che la formulazione di cui all’articolo 10-bis della legge 212/2000 impone un approccio teso a verificare la correttezza delle condotte in assenza di contrasto con le disposizioni normative impositive o con i principi generali dell’ordinamento tributario. Pertanto, la valutazione dell’elusività dei comportamenti deve essere effettuata senza fare riferimento a ipotetici tracciati negoziali alternativi (di fatto fiscalmente più onerosi), non rilevando quindi, ai fini dell’elusività, né il “numero superfluo dei negozi giuridici” né la coerenza dei medesimi con le “normali logiche di mercato”. Questo, in particolare, sulla base di quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 10-bis con riferimento al “legittimo risparmio fiscale”.
Francesco Paolo Fabbri
Stefano Zanardi
P.IVA 02935890349
©CMBZ2021
Via Paradigna 61/A, 43122 Parma (PR)
Italy
Tel. 0521 281066
Tel. 0521 273118
Fax 0521 701601
Mail info@cmbz.it