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Risposta a interpello n. 591 del 15/12/2020

In presenza di “ristrutturazione pesante” (articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f) del Dpr 380/2001) dell’unico complesso immobiliare detenuto dalla società, risulta

La società che detiene un unico complesso immobiliare, sul quale ha effettuato una ristrutturazione che lo ha reso inutilizzabile – e quindi improduttivo di reddito ai fini della disciplina di cui all’articolo 30 della legge 724/1994 – può ritenere integrata la causa di disapplicazione da tale ultimo regime, sussistendo infatti le “oggettive situazioni” che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi ex articolo 30, comma 4-bis, della legge 724/1994.

Commento

 Una società avente come oggetto sociale l’attività di compravendita e di gestione immobiliare presentava istanza di interpello probatorio per la disapplicazione della disciplina delle “società non operative” (articolo 30 della legge 724/1994). L’entità rappresentava di aver acquistato in passato un complesso immobiliare, il quale, alla data dell’interpello, rappresenta l’unico bene detenuto dalla medesima società. Tale complesso immobiliare risulta composto da una pluralità di immobili, censiti sia al catasto dei fabbricati che a quello dei terreni. Riportava inoltre la società che la presenza di innumerevoli fabbricati in stato fatiscente e l’impossibilità di utilizzo degli stessi – nonostante l’ingente valore economico – l’aveva indotta ad intraprendere una ristrutturazione radicale del complesso immobiliare, in particolare di una villa. L’intervento si è sostanziato in una ristrutturazione c.d. “pesante” ex articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f) del Dpr 380/2001 (restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica), che si è conclusa nel dicembre 2019. Nell’ambito di una precedente verifica, posta in essere dalla Guardia di Finanza, veniva emesso un PVC nel quale la società veniva considerata, fra le altre cose, “non operativa” ai sensi dell’articolo 30 della legge 724/1994. Questo per diversi periodi d’imposta, nonostante l’attività svolta era limitata alla gestione della ristrutturazione del citato complesso immobiliare. Dopo aver esaminato la fattispecie, l’Agenzia delle Entrate riteneva che il regime delle società “non operative” previsto di cui al citato articolo 30 della legge 724/1994 non dovesse trovare applicazione per la stessa società, in quanto la ristrutturazione aveva reso inagibile, per diversi periodi d’imposta, il complesso immobiliare inagibile, con conseguente improduttività di reddito così come inteso dalla richiamata disciplina delle “società di comodo”. Per questo motivo, approssimandosi il termine della menzionata ristrutturazione e tenuto conto della concreta possibilità di impiegare effettivamente il complesso immobiliare nell’ambito di un’attività economica, la società istante incaricava degli esperti del settore immobiliare di ottenere una valutazione commerciale finalizzata alla determinazione del canone di locazione per la futura attività di locazione turistica. Inoltre, una volta terminata la ristrutturazione, l’ingegnere incaricato dei lavori ha trasmesso al Comune competente la documentazione attestante la fine della ristrutturazione e l’agibilità del Complesso Immobiliare. In particolare, il documento sull’agibilità del complesso era datato 10/12/2019. La società istante rappresentava, infine, che l’attività di locazione turistica del complesso immobiliare non si era concretizzata, e che la società sarebbe stata posta in liquidazione con assegnazione al proprio socio del complesso immobiliare. Ciò posto, richiamata la disciplina delle “società di comodo” e gli orientamenti relativi agli interpelli probatori, la società sottoponeva alla valutazione dell’Amministrazione finanziaria la possibilità di disapplicare la stessa disciplina, sulla base delle circostanze in precedenza descritte. Richiedeva, in particolare, la società istante la conferma della legittimità circa la disapplicazione del regime delle “società non operative” per il periodo d’imposta 2019 (quesito 1); in proposito, qualora l’Amministrazione finanziaria non avesse ritenuto di dover disapplicare la normativa in esame, l’istante richiedeva di poter disapplicare parzialmente la medesima per il periodo compreso tra il 01/01/2019 e il 09/12/2019 (quesito 2). In merito ai due quesiti sottoposti, l’Agenzia delle Entrate procede con una ricognizione normativa del regime delle “società non operative”, esaminando le disposizioni applicabili (articolo 30 della legge 724/1994) al pari della prassi amministrativa in materia (circolare n. 9/E del 01/04/2016), quest’ultima con specifico riferimento ai profili relativi all’interpello probatorio di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 212/2000 (paragrafo 1.2). Interpello che ha la “finalità di sollecitare un parere dell’Agenzia in ordine alla idoneità degli elementi probatori a disposizione del contribuente, addossa in capo a quest’ultimo l’onere di fornire nell’istanza ogni elemento di valutazione utile ai fini della risposta”. Fatta questa premessa, l’Agenzia richiama l’oggetto dell’istanza di interpello, relativo alla valutazione della situazione della società istante relativamente al periodo d’imposta 2019, per il quale intendeva dimostrare l’esistenza delle “oggettive situazioni” da cui scaturiscono conseguenze obiettivamente riscontrabili, non suscettibili di valutazioni soggettive, che hanno reso impossibile conseguire i ricavi, gli incrementi di rimanenze, i proventi (ordinari) e il reddito nelle misure minime previste dal predetto articolo 30 della legge 724/1994. In merito alla verifica effettuata dalla GDF sulla società, l’Ufficio riportava di aver proceduto, per un precedente periodo d’imposta e tramite accertamento con adesione, al recupero delle imposte Ires e Irap calcolate sul reddito minimo delle “società non operative”, oltre alle relative sanzioni. Diversamente, per le altre annualità in verifica, nell’atto di adesione l’Ufficio aveva espressamente preso atto, ai fini della normativa “sulle società di comodo”, che “I primi permessi a costruire e ristrutturare i beni immobili in questione risalgono all’anno … . Si tratta di una ristrutturazione pressoché totale degli interni e all’esterno di tutto ciò che riguarda gli infissi, tali lavori così come documentato rendono inagibile il bene e quindi indiscutibilmente non produttivi di reddito così come inteso dalla disciplina della non operatività”. Con riferimento alle “oggettive situazioni” di cui all’articolo 30, comma 4-bis, della legge 724/1994, le Entrate riportava che la circolare n. 5/E del 2007 (par. 4.2) aveva chiarito che la fattispecie di presenza di un periodo di non normale svolgimento dell’attività è compresa tra le oggettive situazioni cui è possibile fare riferimento per la valutazione generale della posizione del contribuente ai fini della non applicazione della disciplina in argomento. Ciò posto, per il caso di specie l’Amministrazione finanziaria osserva che la società istante ha rappresentato, e debitamente documentato, che il periodo d’imposta 2019 è stato un periodo di non normale svolgimento dell’attività. Ciò, posto che nell’anno 2019 ha avuto termine il processo di ristrutturazione sul complesso immobiliare in oggetto, iniziato nel corso del 2014. La ristrutturazione, come già rilevato, era già stata considerata da parte dell’Ufficio all’epoca procedente come oggettiva situazione che ha reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi, con riferimento ai periodi d’imposta in precedenza considerati. Alla luce di tutto quanto riportato, e sulla base delle dichiarazioni e delle affermazioni della società nonché dell’analisi del contenuto dell’istanza di interpello e dei suoi allegati e della documentazione integrativa, l’Agenzia delle Entrate fornisce parere positivo per il periodo d’imposta 2019 rispetto alla disapplicazione dell’articolo 30 della legge 724/1994.

Stefano Zanardi

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